SEI MILA MORTI IN DUE MESI IN BERGAMASCA
Non è ancora tutto come prima, anche se decisamente incoraggiante viste le notizie degli ultimi giorni. Anche ad aprile, in bergamasca, la mortalità è rimasta sopra la media degli ultimi anni. Certo è che il dato si è notevolmente abbassato rispetto a marzo dove i numeri paiono essere irripetibili, almeno ci si augura. Dalle 5.700 morti nel primo mese di emergenza si è passati, dall’1 al 30 aprile, a 2.000 decessi per tutte le cause, 1.250 riconducibili a Covid-19. Un sospiro di sollievo che non lascia tranquilli fino in fondo. 7.700 bergamaschi morti in poco più di due mesi di emergenza coronavirus e 6.000 oltre la media degli ultimi anni, quindi riconducibili all’epidemia. Numeri crudeli, che non rendono giustizia alle tante vite spezzate nelle ultime settimane. Certo molto è cambiato, non solo nel triste bilancio prima esponenziale: la pressione sulle terapie intensive degli ospedali bergamaschi è rientrata. Significa che medici e infermieri, al limite delle forze in quelle tragiche settimane di marzo, assistono con ancora più attenzione i malati. Significa soprattutto che i casi positivi in condizioni critiche vengono individuati per tempo evitando il rischio di decessi nelle case senza alcun tipo di tracciamento, in assenza di tampone. È stato proprio questo il limite più clamoroso di marzo, quando l’aggiornamento ufficiale si è fermato a 2.060 decessi mentre sul territorio morivano più del doppio delle persone senza essere intercettate dai test. Adesso non è più così. Certo molto è cambiato, partendo dal virus che con il passare delle settimane sembra abbia perso parte della sua aggressività. La seconda ipotesi, basata sulla cronaca del lavoro nelle terapie intensive, è che si è passati dall’emergenza estrema a una situazione sempre preoccupante, senza però la pressione spasmodica delle prime settimane. Resta ora da capire cosa succederà durante l’estate.
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