IL TAR BOCCIA IL RICORSO PER L'"ECOMOSTRO"
Dopo un anno e mezzo dalla nostra denuncia all’”ecomostro” di Ono San Pietro, è arrivata la sentenza del TAR di Brescia con la quale viene respinto il nostro ricorso che chiedeva l’annullamento del permesso di costruire e di conseguenza l’abbattimento del manufatto. I tempi lunghi del giudizio e la pandemia hanno consentito il completamento del Capannone e riteniamo che questo possa aver influito sull’esito finale del contenzioso. La sentenza, che ha accolto la prospettazione degli avvocati delle tre controparti (Comune, Cominparfum e la banca che ha finanziato il leasing, Société Générale), non riconosce in alcun modo il danno paesaggistico, focalizzandosi solo sul volume edilizio ed il lotto interessato. Il Capannone invece balza agli occhi palesemente da più punti di vista del primo sito UNESCO italiano e si trova su un percorso ciclabile riconosciuto nel circuito turistico nazionale tra i più apprezzati. Il giudice non ha ritenuto comunque di imporre il pagamento delle spese legali delle controparti, riconoscendo l’impostazione seria del nostro ricorso. Le forzature interpretative della normativa, da parte del progettista e avvallate dal Comune hanno consentito un iter approvativo non congruente con le dimensioni imponenti e l’impatto del fabbricato, evitando una valutazione più approfondita da parte di altri Enti, ed in particolare della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio. Purtroppo, il giudice ha considerato il Capannone alla stregua di un semplice edificio produttivo in un ambito urbanizzato che ha già perso la sua naturalità, con un approccio “culturale” che speravamo ormai superato. La soddisfazione espressa dal Sindaco di Ono San Pietro per l’esito del contenzioso, comprensibile sotto il profilo personale, non trova giustificazione per una scelta urbanistica scellerata (ancor più dopo la “mitigazione” cromatica a strisce fluorescenti) che danneggia le comunità del Conoide della Concarena, i suoi siti Unesco e la Valle Camonica tutta, consegnando un luogo deturpato alle generazioni future. Ci conforta il fatto che anche dopo l’esito della sentenza, molti cittadini continuino a ritenere giustificato e doveroso il ricorso, tenendo accesi i riflettori sullo scempio edilizio. Purtroppo, gli Enti sovracomunali (inclusi quelli di tutela del patrimonio culturale e rupestre) hanno taciuto sulla costruzione di questo nuovo, impattante, magazzino logistico. Riteniamo invece che il tema del recupero delle aree industriali abbandonate dovrebbe essere prioritario nell’agenda politica territoriale, stanti gli impegni presi come Riserva della Biosfera dell’UNESCO (MAB). Non certo demotivati dall’esito della sentenza, continueremo a tenere alta l’attenzione e a contrastare con forza eventuali futuri progetti che inficino ulteriormente le prospettive di vivibilità ed attrattività del nostro territorio. (Legambiente e Italia Nostra Valle Camonica)
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