UN MENESTRELLO ALPINO

“L'aquila in volo sopra l'Adamello il mondo osserva da lassù: un uomo intanto indossa il suo cappello, guarda le bianche cime da lassù”: così inizia “Occhi alpini” il piccolo poema di Cristian Patarini, il giovane musicista di Losine che, pensando al bisnonno alpino sciatore nella guerra bianca in Adamello ed allo zio reduce dalla Campagna di Russia, ascoltando soprattutto la voce del cuore, ha realizzato un piccolo gioiello musicale, gustoso, orecchiabile, intenso e ricco di tanto affetto per quel capello con la penna nera che nelle vallate alpine è simbolo prima di tutto di appartenenza. Cristian non ha fatto la naja perché per lui e quelli venuti dopo di lui era stata abolita. Se la potesse fare deciderebbe subito per una naja alpina e con gli alpini. Il suo lavoro è frutto solo di un Dna camuno e famigliare, di storie ascoltate con occhi sgranati del bambini curioso e attento, di racconti a volte tristi, a volte gustosi, legati all'epopea alpina di Losine, della Vallecamonica e degli alpini fratelli in tutto il mondo. Ignorando alcune ferree regole alpine (Brigate, reggimenti, battaglioni: non sa cosa siano), ha colto liberamente il senso dell'alpinità della sua famiglia, dei suoi compaesani e dei Cori alpini con cui ha collaborato come fisarmonicista. In questo modo, il suo lavoro è risultato ancora più alto e bello, libero da ogni possibile condizionamento: come l'aquila del suo canto, stemma del cappello alpino e di mille gagliardetti italiani, ha preso il volo verso le cime innevate. “Occhi alpini” è un pezzo di poesia in musica, destinato a non fermarsi alla terra camuna: presto potrebbe entrare anche nei repertori corali alpini.

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