DELITTO DEL GAUDIO, CREDIBILE L’IPOTESI DEL LADRO
Assolto dall’accusa di omicidio volontario, Antonio Tizzani unico sospettato per il delitto della moglie Gianna Del Gaudio, l’ex insegnante, uccisa a 64 anni con una coltellata alla gola la notte del 27 agosto 2016 nella loro villetta di via Madonna delle Nevi a Seriate, riporta nel mistero quanto di tragico successo quella notte. Sono una settantina le pagine con cui i giudici motivano la sentenza, partendo da quanto raccontato dai vicini che quella notte hanno detto di aver udito grida provenire dalla villetta di Tizzani, probabilmente a seguito di una lite in famiglia. Un’ipotesi questa, secondo i giudici “ostacolata dalla quasi totalità dei testimoni”, che ricordano soltanto di aver sentito un uomo urlare. Un fatto compatibile con la reazione “angosciosa, disperata e rabbiosa” dovuta alla scoperta della moglie sanguinante a terra. Ma i testimoni uditivi danno conto anche di un altro elemento di prova: ovvero il fatto che Del Gaudio non gridò prima di essere uccisa, poiché aggredita alle spalle come emerso nel processo. Un dato probatorio che – sempre nell’ottica dei giudici – spiega la ragione per cui l’imputato ha riferito di non avere sentito nulla e di essersi accorto dell’uccisione della moglie soltanto dopo l’essere entrato in cucina. La Corte ha ritenuto improbabile che quella sera vi fosse stato un motivo di litigio così grave da indurre Tizzani a uccidere la moglie, vista la piacevole serata trascorsa dalla coppia in compagnia del figlio Mario e della sua compagna. Per i giudici di Brescia l’accertamento tecnico del Ris è «da dichiarare nullo». Anche ai giudici d’Appello suona strano come il profilo genetico di Tizzani sia stato rilevato sulla parte di lama coperta dal manico dopo che il coltellino era stato smontato nei laboratori del Ris. Come aveva osservato la Corte d’assise di Bergamo, anche i giudici bresciani lasciano aperte le due ipotesi per la contaminazione: da laboratorio oppure da trascinamento, e cioè Dna presente sul sacchetto di mozzarelle che Tizzani aveva maneggiato per la cena e che per via dell’esposizione agli agenti atmosferici finì sotto il manico del taglierino. Nelle motivazioni di secondo grado viene citato anche il delitto di Daniela Roveri, la manager sgozzata nell’androne del suo palazzo a Colognola quattro mesi più tardi e con una dinamica simile. Si ricorda come la Corte bergamasca, nella sua sentenza, aveva rimarcato che le due tracce genetiche, repertate una a Colognola e l’altra a Seriate, presentavano lo stesso aplotipo Y e che non appare trascurabile il collegamento tra i due delitti. Il mistero continua.
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