MORÌ NEL ROGO IN OSPEDALE, 2 ALLA SBARRA
Tutto accadde nel reparto di Psichiatria, al terzo piano della Torre 7 all’Ospedale Papa Giovanni XXIII° di Bergamo dove un incendio era costato la vita di Elena, una paziente di soli 19 anni. Era il 13 agosto 2019, quando dopo l’allarme sul posto giunsero a tempi record I vigili del fuoco di Dalmine, primi a raggiungere la struttura. Per l’accaduto sono a processo con l’accusa di omicidio colposo due componenti della squadra antincendio aziendale dell’ospedale, dipendenti della Gsa spa di Roma, che ha in appalto il servizio un 40enne di Lissone e un 39enne di Paderno Dugnano. L’inchiesta del pm Letizia Ruggeri ha portato ad accertare che fu la ragazza ad appiccare il fuoco al materasso mentre era contenuta a letto, con un accendino che aveva introdotto in camera nascondendolo nelle parti intime. Per l’accusa la morte della ragazza è da ricondurre alla lentezza, oltre che alla negligenza e all’imperizia dei due imputati. Dalle testimonianze raccolte nell’udienza di ieri risulterebbe, prima dell’arrivo dei pompieri, lo scorretto uso di un terzo estintore trovato con la valvola piegata, oltre ad aver rinvenuto una sola manichetta antincendio srotolata lontana dalla stanza del rogo e dunque inutilizzabile all’uopo. Nel dibattimento è poi emerso che l’addetto antincendio aveva accompagnato i vigili del fuoco in reparto usando le scale interne, dove fumo e calore erano insopportabili, tanto da costringere l’uso della scala anticendio. Il giudice Laura Garufi ha rigettato la richiesta di costituzione di parte civile del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà perché «l’evento morte non è in rapporto di casualità con una situazione di contenimento» e della madre della vittima per questioni procedurali. Resta parte civile il fratello delle 19enne. La nuova udienza è fissata per il 2 marzo prossimo.
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