DROGA E TELEFONI IN CARCERE: 13 ARRESTI

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Sono stati attimi di apprensione quelli di questo martedì tra viale Piave e viale Venezia a Brescia dove i Carabinieri in tenuta antisommossa, militari in borghese e agenti della polizia Penitenziaria hanno messo in atto un blitz. Con il passare delle ore si è chiarito quanto successo: si è trattato di un’operazione  che rientra in un’inchiesta iniziata nel gennaio 2021 e conclusa questo martedì con l’arresto di 13 persone ritenute presunte responsabili a vario titolo dei reati di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di persone in carcere, tentata estorsione aggravata, detenzione ai fini di spaccio e spaccio di sostanze stupefacenti, false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’Autorità giudiziaria. L’esecuzione della misura cautelare è stata eseguita nella notte nelle province di Brescia, Milano, Cremona, Asti, Bari e Frosinone dai Carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Brescia, insieme al personale del Nucleo investigativo regionale della polizia Penitenziaria di Milano. Quattro indagati sono finiti in carcere, altrettanti ai domiciliari, altri quattro sottoposti all’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria, tra i 13 indagati ci sarebbe anche un avvocato di Milano per il quale è stato disposto il divieto di esercitare la professione per un anno, ed un assistente capo della Polizia Penitenziaria, in servizio presso la Casa Circondariale “Nerio Fischione” di Brescia. Le indagini sono state coordinate dalla Procura della Repubblica di Brescia ed hanno avuto origine nel gennaio del 2021, quando il personale della Polizia Penitenziaria aveva segnalato all’Autorità Giudiziaria il comportamento anomalo di un proprio collega. Dai successivi approfondimenti era emerso che l’assistente Capo della Polizia Penitenziaria avrebbe tenuto comportamenti illeciti nei confronti di detenuti ed ex detenuti, come l’introduzione abusiva in carcere di telefoni cellulari e lo scambio di lettere o di dispositivi Usb tra l’interno e l’esterno della struttura carceraria. Sono poi emerse anche ipotesi di spaccio di cocaina in favore dei detenuti. In un’occasione le dosi sarebbero state nascoste all’interno di cioccolatini, le cui confezioni apparivano perfettamente integre, e introdotti all’interno del carcere proprio dall'agente stesso che era ignaro della presenza dello stupefacente.  L’attività investigativa odierna ha permesso di ricostruire anche un episodio di tentata estorsione che un recluso avrebbe organizzato, con l’aiuto di complici, ai danni di una persona in carcere con lui e, nel frattempo, tornato in libertà, ma anche di raccogliere gravi indizi di colpevolezza per l’assunzione fittizia di un detenuto, da parte di una ditta privata, assunzione che gli ha permesso l’accesso a misure alternative alla detenzione in carcere. Infine è stato ricostruito anche il modus operandi di uno studio milanese che avrebbe consentito di aggirare le norme attinenti alle comunicazioni dei detenuti, trasferendo abusivamente a terzi le telefonate provenienti da un proprio cliente recluso in carcere.

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