DUE ANNI FA IL DELITTO DEL GAUDIO
Siamo ormai alla vigilia della chiusura delle indagini: a fine settembre scadono infatti i termini per la conclusione delle indagini preliminari condotte in questi due anni dai carabinieri e coordinate dal pm Laura Cocucci relative al delitto di Gianna del Gaudio l’insegnante in pensione di 63 anni sgozzata poco dopo la mezzanotte di due anni fa, nella casa di piazza Madonna delle Nevi a Seriate. Al telefono da Avellino, dove si trova dal 10 agosto per accudire il novantottenne papà Pasquale, il marito Antonio Tizzani ribadisce la sua innocenza. “Mi manca, penso a lei ogni giorno e a quelle ultime parole : parole banali, quotidiane. Mi disse: “Vai davanti per l’acqua, mentre io sistemo la cucina”. Poco dopo l’ho rivista a terra, mentre quell’uomo, incappucciato, scappava”. A due anni di distanza e alla vigilia della chiusura delle indagini, l’omicidio resta ancora senza un colpevole: l’unico indagato è proprio lui, il marito, ex ferroviere oggi settantenne, che è sempre rimasto a piede libero. Una eventualità, quella di richiesta di processo nei suoi confronti, che Tizzani non teme, anche se preferirebbe che le attenzioni degli inquirenti venissero puntate anche altrove: “Devono essere loro a trovare le prove per dire se sono colpevole o innocente. Io ho la coscienza a posto e so di non avere fatto nulla di male: è stato quel tipo incappucciato a uccidere mia moglie”. Tra fine luglio e inizio agosto si è concesso una vacanza a Gabicce con il figlio Paolo, la nuora e i nipotini: «L’anno scorso non ero andato da nessuna parte, non me la sentivo – racconta –. Quest’anno invece Paolo ha insistito e siamo andati al mare. Poi sono venuto qui ad Avellino, dove resterò fino al 12 settembre, quando rientrerò a casa, a Seriate”. “I ricordi sono gli stessi che Tizzani ribadisce da due anni: «Mia moglie si è messa a rassettare i piatti al lavandino, io sono uscito su sua indicazione a innaffiare le piante. Ho sentito dei rumori, sono rientrato e ho visto quell’uomo incappucciato chino sulla borsa di Gianna, sul pavimento. Si è accorto di me senza guardarmi e si è messo a correre verso la porta della cucina, dalla quale si è dileguato. L’avrei voluto inseguire, ma l’immagine di Gianna a terra insanguinata ed esanime mi ha impietrito. Così ho chiamato mio figlio Paolo, che vive vicino, e abbiamo dato l’allarme”. Gli inquirenti non hanno mai ritrovato alcun riscontro alla presenza di un incappucciato. Su un guanto trovato assieme all’arma del delitto – un cutter rinvenuto nell’ottobre seguente in un sacchetto abbandonato in una siepe a 400 metri dalla casa del delitto – era stata trovata una traccia di Dna attualmente non riconducibile a nessuno, mentre sul taglierino stesso c’era una traccia genetica, parziale, della quale pure non si sa a chi appartenga.
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