IDROELETTRICO:VINTA UNA LUNGA BATTAGLIA

Milioni di euro torneranno ogni anno sui territori sfruttati da centrali, dighe, tralicci e condotte. Come? Con l'ingresso degli enti pubblici nelle società di gestione delle centrali idroelettriche e con la ripartizione, tra Regione, Province e comuni, di buona parte delle risorse ricavate dalla vendita dell'energia idroelettrica. Tutto questo è possibile oggi, perché, dopo più di 20 anni di battaglie, la partita dell'idroelettrico passa nelle mani delle Regioni. Si tratta del vero primo grande passo verso l'autonomia e la restituzione ai territori di ciò che è loro. Un risultato, destinato a migliorare il futuro economico ed occupazionale dei territori di montagna, a cui ha lavorato in prima linea, prima da deputato e oggi da assessore regionale al bilancio, il leghista Davide Caparini, tra i primi parlamentari a proporre il risarcimento dei territori la cui ricchezza veniva sfruttata dalle grandi società che negli anni per creare energia idroelettrica. Una battaglia che ha incontrato molti ostacoli: prima il decreto Bersani, durante il Governo Prodi, che nel pacchetto liberalizzazione ha prorogato ulteriormente le concessioni, espropriando i territori dalla possibilità di poter contrattare forme di compensazione e di decidere quanto dare agli enti locali in cambio dello sfruttamento delle loro acque, e poi il Governo Monti che ha tolto ogni speranza, dando ai concessionari la proprietà fisica degli impianti e delle centrali. A recepire anni di richieste, mozioni, interrogazioni e appelli, è stato il governo giallo verde che ha modificato il decreto Bersani e che nel decreto semplificazione stabilisce, in tema di idroelettrico: quattro principi fondamentali: il primo è che gli impianti, una volta scadute le concessioni, sono delle Regione e non più dello Stato (questo attiverà un ciclo di investimenti stimati in oltre 600 milioni di euro per la Lombardia che si tradurranno in impianti più efficienti, energia più pulita e 45 mila posti lavoro); il secondo principio è l'introduzione del pubblico accanto al privato nelle società di gestione degli impianti (tradotto: si potranno dividere gli utili da investire nei servizi pubblici e sul territorio); terzo il 60% dei canoni che il concessionario versa agli enti locali per lo sfruttamento di un bene pubblico come l'acqua, va per il 60% ai territori sfruttati (e questo si traduce in almeno 6 mln di euro l'anno per la Regione e per la provincia di Brescia in 5 ml cui si aggiungono i 9 derivanti dai canoni aggiunti e per la provincia di Bergamo 2 mln l'anno cui si aggiungono i 4 dei canoni aggiuntivi, ovvero quelli versati dai concessionari durante il periodo di proroga, a concessione scaduta; quarto e non ultimo, i concessionari possono essere chiamati a fornire gratuitamente alle Regioni una quota di energia da destinare per almeno il 50% ai servizi pubblici e ai territori (ovvero, energia gratuita agli ospedali, alle scuole, ai comuni). Le ricadute economiche sono quindi enormi.

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