CONDANNATI PER DETENZIONE DI ARMI DA GUERRA

Armi da guerra o armi «da museo»? Questa è stata la questione che ha tenuto banco nel processo in abbreviato, a suono di perizie tecniche, che hanno portato a condanne a tre anni e 4 mesi all’autista Atb, tre anni alla moglie infermiera, due anni con pena sospesa per il fratello di lui, armaiolo, un anno e 4 mesi per il cognato dell’infermiera, operaio del Comune con cascinale a Nembro adibito a «deposito», un’ammenda (60 euro) per la moglie dell’armaiolo per un’irregolarità nella denuncia delle armi. Complessivamente una decina di anni. Pene che corrispondano all'incirca alla metà di quanto richiesto dal pm Emanuele Marchisio che per l’autista e la moglie aveva chiesto sei anni di carcere, per l’armaiolo tre anni, per l’operaio e cognato dell’infermiera 3 anni e 8 mesi. Per l’accusa non c’erano dubbi che l’arsenale venuto alle luce nella primavera del 2015 dopo l’arresto «casuale» dei due coniugi nel Bolognese, trovati con un mitragliatore nel bagagliaio dell’Audi mentre i carabinieri di Legnano erano sulle tracce di due fratelli spacciatori, fosse ben più di un tesoro bellico per amanti. «La sentenza inquadra la vicenda in un contesto di collezionismo, non di traffico di armi. Per questo siamo moderatamente soddisfatti», ha commentato l’avvocato Francesco Arringhi, legale dell’autista. Per l’avvocato Dayana Bona, difensore della moglie dell’autista, «la vicenda è stata decisamente ridimensionata. Sosteniamo comunque l’insussistenza del fatto e valutiamo l’eventuale impugnazione».

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