OMICIDIO A BRENO

Poco dopo l’ora di cena di giovedì 10 settembre ha lasciato il suo appartamento, posto accanto al Comune, al civico due di via Ghislandi, e si è incamminato, da solo, verso la caserma dei Carabinieri di Breno dove una volta di fronte ai militari ha affermato che la mamma, a casa, avrebbe avuto qualche problema. È lì che riaccompagnandolo, i carabinieri hanno trovato, esanime, sul divano, il corpo di Francesca Capano, madre del giovane. La 53enne, sul cui cadavere pare non siano stato rinvenuti segni evidenti di violenza, giaceva senza vita nella sua abitazione. Nessuna traccia di sangue tra le mura, nessun dettaglio che potesse far pensare ad una colluttazione. Alla richiesta di spiegazioni su quanto accaduto da parte dei militari, il ragazzo non avrebbe proferito parola, fissando in silenzio il pavimento. Sul posto sono subito intervenuti il medico legale e i militari della scientifica del Comando Provinciale di Brescia che hanno curato l'esecuzione dei rilievi tecnici. Già in mattinata, il giovane, prima accompagnato in ospedale per una valutazione psichiatrica e poi sottoposto ad una serie stringente di domande durante l’interrogatorio effettuato dal sostituto procuratore Roberta Panico, ha però confessato di aver ucciso la madre, stringendole le mani al collo, senza fornire altre spiegazioni. Immediatamente per lui è scattato l’arresto con l’accusa di omicidio doloso aggravato dal rapporto di parentela con la vittima.  I Carabinieri di Breno, che hanno eseguito il fermo, hanno poi tradotto l'indagato in carcere a Brescia. La salma della donna si trova ora all’Istituto di Medicina Legale, dove il magistrato provvederà a fare eseguire l’autopsia, alla presenza dei legali delle parti, da cui dovrebbero emergere rilievi determinanti per stabilire le cause esatte della morte. La famiglia Capano, di origini meridionali, era residente a Breno da diversi anni. Dopo la separazione dal marito, un uomo con un pesante passato alle spalle, Francesca viveva in una delle case popolari nei pressi di Piazza Ghislandi, con il figlio 25enne. Un contesto familiare difficile quello dei due, tanto che la patria potestà della madre era stata affidata al figlio e la loro situazione era già da tempo seguita anche dai servizi sociali del paese.

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