OMICIDIO BRENO: SI CERCANO CONFERME

"Sono stato io, le ho stretto le mani attorno al collo. Era un brutto momento". E' tutto qui quello che Vincenzo Capano, 25 anni, ha detto davanti al PM e ai carabinieri, assistito dal suo avvocato Gerardo Milani, questo venerdì mattina dopo ore di silenzio e dopo che i carabinieri della compagnia di Breno – su sua segnalazione – avevano trovato il corpo senza vita della madre, Francesca Mesiano, nella loro abitazione di via Ghislandi 2 a Breno a fianco del Municipio. Poche parole, sufficienti a far finire il giovane in carcere, non certo a chiudere il caso. Ecco perché i carabinieri di Breno coordinati dal capitano Filiberto Rosano continuano le indagini a 360 gradi e cercano tutti gli elementi di riscontro utili a dimostrare che quanto il giovane Capano ha detto è vero. Certamente sarà fondamentale l'esito dell'autopsia sul corpo della donna – effettuata questo sabato presso il centro di medicina legale di Brescia – almeno per chiarire le cause della morte, non certo per capire il movente. E' questo, infatti, il vero nodo della vicenda, quella che ha lasciato Breno a bocca aperta questo venerdì quando si è appresso del perché del via vai di gazzelle e di lampeggianti nel centro del paese giovedì sera. Vincenzo e Francesca erano conosciuti in paese, anche la loro vicenda familiare, fatta di problemi e marginalità, ma nulla faceva pensare a quando accaduto, certo qualche volta i vicini li sentivano discutere e che ci fossero problemi era noto a tutto: una vita ai margini, un giovane che non lavora, la madre con problemi psichici, alloggiati in un appartamento del comune e una piccola pensione di invalidà per vivere. Lui molto chiuso, che non dava confidenza a nessuno, lei che chiedeva spiccioli in piazza, comunque aperta e comunicativa. Cosa sia successo giovedì sera, presumibilmente poco prima di cena è tutto da ricostuire perché i contorni della vicenda già chiariti sono quelli che vedono arrivare Vincenzo in caserma a Breno dove al piantone dice di aver avuto problemi con la mamma. Lo stesso conferma agli altri militari a cui consegna le chiavi di casa e che una volta arrivati in via Ghislandi trovano sul divano il corpo senza vita della donna. Nessuno segno particolare di lotta nell'appartamento dove non regnano ordine pulizia, nessun segno particolare salvo qualche ecchimosi sul collo, sul corpo della donna. Lui che si chiude in un mutismo inquietante fino a quando non si apre dopo essere stato accompagnato in ospedale e dice le poche parole che lo inchiodano: sono stato io, le ho stretto le mani attorno al collo. Era un brutto momento". Poco altro ma abbastanza per far scattare il fermo con l'accusa di omicidio volontario. Un delitto anche questo maturato – come già successo nelle nostre con l'omicidio di Esine ai primi di giugno e due tentati omicidi con accoltellamento a luglio ed agosto a Lovere e a Pisogne.

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