ANGELO RACCONTA LA SUA RESISTENZA

Traditi, disprezzati, dimenticati: così lo storico tedesco Gerard Schreiber definisce gli IMI (internati militari italiani). Questo è anche il titolo del volume, curato da Giancarlo Maculotti, con la prefazione di Mimmo Franzinelli e la collaborazione della pronipote Giulia Do che pubblica il diario di prigionia di Angelo Ferrari, giovane falegname di Borno trasferitosi a Corna di Darfo, uno dei 600 mila soldati italiani che dopo l'8 settembre 1943 disse no al fascismo e venne deportato. Angelo Ferrari annotava tutto, non parlava volentieri di quegli anni, ma tornato a casa annotò i suoi appunti su un diario rimasto a lungo in un cassetto: ritrovato dalle nipoti oggi, alla viglia del 25 aprile e dieci anni dopo la scomparsa di Angelo diventa un libro con la testimonianza in presa diretta di una pagina di storia spesso dimenticata. Nella memoria pubblica, come dice Mimmo Franzinelli nella prefazione, il ricordo dei 600 mila militari internati in Germania è stato silenziato per mezzo secolo. Il motivo, aggiunge Franzinelli, è dovuto anche alla difficoltà di comprendere le condizioni degli internati, la loro forma di Resistenza, il rifiuto di rimpatriare per battersi nelle file nel neocostituito Stato collaborazionista. Lo spiega bene nella sua introduzione Giancarlo Maculotti il significato del no detto da queli uomini deportati. Angelo Ferrari nel suo diario racconta di questi viaggi verso i campi, racconta della fame, del freddo, delle condizioni estreme di vita. La famiglia, pubblicando questo diario fa una grande dono alla comunità: andrebbe portato nelle scuole perchè fa capire il significato e il valore del no di questi come militari che sono stati i primi resistenti.

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