BOSSETTI: NON SI VUOLE CERCARE LA VERITA’
Lungo sfogo quello contenuto nella lettera indirizzata al giornalista Marco Oliva da Massimo Bossetti, che di suo pugno dal carcere di Bollate, dove si trova condannato all’ergastolo per la morte di Yara Gambirasio, ha voluto puntare il dito contro chi avrebbe dovuto garantire la conservazione dei reperti che sarebbero stati secondo lui compromessi infangando così la verità. Bossetti si infuoca: “Io non ho commesso il reato di cui sono accusato, nessuno cerca la verità”. Parole tremende e taglienti quelle di Massimo, che se fossero vere paleserebbero un quadro forse ancora più drammatico. “Chi doveva garantire l’efficacia, l’integrità e l’idoneità di tutti i reperti? Bossetti o qualcun altro? Sarebbe, ben più utile che ora tutti si facessero una minima riflessione di come si continui nel volermi additare ed evidenziare attraverso i media, per un reato terribile, atroce e vergognoso che non ho commesso! La mia rabbia – continua lo scritto - si cela dietro ad una verità insabbiata, da anni deteriorata!!! Grazie a coloro che mi hanno rovinato la vita e verso chi ad oggi ha concesso tutto questo assurdo, vergognoso scandalo”. “Spesso mi domando qual’ è o quale sia il limite della sopportazione per un cuore già fin troppo stremato dalle durissime faticose, tortuose battaglie, quando fin dall’inizio era così semplice nell’evitarmi tutto. Ecco la verità dove si nasconde… Dove non la si vuole cercare! verso chi ad oggi ha concesso tutto questo assurdo, vergognoso scandalo”. Le lunghe e complesse indagini degli inquirenti, ricordiamo, avevano portato alla condanna in ultimo grado di Massimo Bossetti, che però si è sempre dichiarato innocente. Tanto che i suoi legali hanno presentato denuncia nei confronti di un giudice e una funzionaria del tribunale di Bergamo per aver depistato le indagini. Fatto, questo, che aveva portato il procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito all’apertura di un fascicolo. Il fascicolo in questione è stato poi archiviato nei mesi scorsi dalla Procura di Venezia, secondo cui “non è emersa alcuna prova di un piano orchestrato allo scopo di depistare eventuali nuove indagini difensive, lasciando intenzionalmente deperire il Dna di Ignoto1”.
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