CONDANNATO PER TRATTA DELLA PROSTITUZIONE

Tratta di persone, riduzione e mantenimento in schiavitù, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di ragazze rumene, alcune addirittura minorenni. Ieri la Corte d’assise di Bergamo ha condannato a 8 anni e mezzo un cittadino rumeno di 31 anni. Il pubblico ministero Claudia Moregola aveva chiesto per lui una condanna a 4 anni e mezzo di reclusione, ma i giudici hanno ritenuto non fosse sufficiente. L’uomo con la compiacenza di altri connazionali, già giudicati, prometteva alle giovani donne, un tenore di vita migliore, grazie ad un lavoro certo in Italia, un’occupazione che avrebbe garantito a loro e alle rispettive famiglie, un tenore di vita migliore a quello vissuto fino ad ora. Le giovani venivano convinte a lasciare il distretto di Iasi, in Romania, alla volta del Belpaese. Ma una volta arrivate a Bergamo, subivano minacce e violenze, secondo le contestazioni dal 2015 al 2017 e per alcuni episodi anche nel 2019, fino ad essere costrette a prostituirsi sulle strade della provincia. Ciò che guadagnavano veniva sequestrato dalla banda di sfruttatori e spesso utilizzato per acquistare case e altri beni immobili in Romania. Una triste storia come tante purtroppo già raccontate. Le specificità del racket rumeno sono da ricercarsi: nelle pratiche di assoggettamento basate non solo sulla coercizione violenta e psicologica ma anche su false promesse e forme di consenso; nelle forme di controllo indiretto affidato ad alcune prostitute; nella significativa presenza di una quota di prostituzione minorile e maschile; nel coinvolgimento di soggetti esterni alla rete di sfruttamento per alcuni servizi, come ad esempio l’accompagnamento delle ragazze in strada. In ogni caso, seppur la presenza della criminalità rumena sembri intensificarsi sempre più, i gruppi albanesi, parrebbero rimanere dominanti in Lombardia e nel Nord Italia in generale.

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