RICICLAVANO DENARO PER SOCIETA' FITTIZIE

Società fittizie e denaro riciclato all’estero,nei guai sono finiti 7 bergamaschi. Coinvolte cinque imprese del settore della produzione e commercializzazione del materiale ferroso: altri due soggetti individuati come staffettisti che avevano il compito di prelevare il denaro in Slovacchia o Ungheria per riportarlo fisicamente in Italia. Tramite società di comodo in Slovacchia e Ungheria effettuavano finte vendite di materiale ferroso a imprese italiane compiacenti che contabilizzavano gli acquisti come fittizi costi di esercizio: era questa la prima fase di un complesso meccanismo fraudolento ricostruito dalla Guardia di Finanza di Gorizia che ha smascherato un’imponente frode fiscale da oltre 44 milioni e mezzo di euro messa in atto da 39 soggetti domiciliati tra le province di Brescia, Bergamo, Roma, Milano, Monza Brianza, Verona e Padova, denunciati a vario titolo per emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta, occultamento di scritture contabili, emesso versamento di Iva e riciclaggio. L’indagine era scattata nel marzo 2015 quando al valico di confine “San Pietro” le Fiamme Gialle goriziane avevano fermato, durante un ordinario controllo del territorio a ridosso della frontiera italiana, una vettura sulla quale viaggiavano 3 soggetti, tra i quali un bergamasco, provenienti dalla Slovacchia: a bordo, ben occultato, denaro contante per 271.830 euro senza la prescritta dichiarazione valutaria, obbligatoria nel caso in cui si importi una somma pari o superiore ai 10mila euro. Una scoperta che aveva dato il là ad attività investigative, coordinate dalla Procura della Repubblica di Gorizia, condotte tramite l’esecuzione di 46 decreti di perquisizione domiciliare e locale con l’impiego di 120 militari, accertamenti bancari su 82 conti italiani ed esteri, l’approfondimento di 24 operazioni sospette da parte di istituti di credito e l’accesso a 6 cassette di sicurezza che avevano permesso di individuare le società fraudolente, otto slovacche e una ungherese. Oltre ai cinque imprenditori, sono altri due i soggetti bergamaschi coinvolti (sui 39 complessivi individuati dall’indagine): il loro ruolo era sostanzialmente quello dello staffettista, col compito di riportare fisicamente in Italia il denaro che le imprese “bonificavano” appoggiandosi alle già citate società estere.

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