ENTRATIC: DIECI COLTELLATE AL PROF
Cosimo Errico il professore del Natta, 58 anni, trovato morto nella sua fattoria di Entratico la notte tra mercoledì e giovedì dal figlio Simone, è stato ucciso con dieci fendenti, inflitti con un’arma a lama liscia e dritta, probabilmente un coltello e non una roncola o un’accetta come era apparso in un primo momento. L’autopsia, eseguita ieri all’ospedale Papa Giovanni XXIII° di Bergamo, ha accertato che i colpi gli hanno tagliato la giugulare in due punti e la causa della morte, riportata nel referto, è asfissia in seguito a emorragia interna. Il professore sarebbe stato ferito alla nuca, al collo, sul dorso, di traverso sul viso (dalla bocca fino al mento) e diverse volte alle mani. L’esame, durato circa tre ore e mezza, è servito anche per ricostruire la sequenza dei colpi: l’aggressore lo ha accoltellato prima alle spalle, Errico si è girato di trequarti e infine si è trovato faccia a faccia con il killer e ha tentato di parare i fendenti alzando le mani. L’assassino ha cosparso il corpo di liquido infiammabile e gli ha dato fuoco quando era già morto, sistemandolo vicino al frigorifero nel tentativo di simulare una morte per folgorazione. L’ora della morte, vista la parziale carbonizzazione del corpo, non è stata stabilita. Gli inquirenti hanno ristretto comunque il campo tra le 18, ora dell’ultimo contatto telefonico con i familiari. L’unico neo che appare del professore è il carattere brusco, prepotente e autoritario che emergeva nel trattare i dipendenti stranieri che lavoravano con lui alla fattoria. I carabinieri del Nucleo investigativo di Bergamo hanno interrogato 25 persone tra extracomunitari e italiani della zona che avevano a che fare con lui per lavoro. Un gambiano ospite del centro di accoglienza di Vigano all’arrivo dei militari giovedì mattina stava lavando i suoi vestiti, che gli sono stati sequestrati. È stato riportato in caserma a tarda sera, dopo aver spiegato come era avvenuto il contatto con il professore e le occasioni in cui aveva lavorato per lui. Le testimonianze hanno evidenziato i continui litigi con gli immigrati, insultati e pagati spesso in nero, contro cui urlava accusandoli di essere incapaci o fannulloni. Chiaro che i sospetti si concentrino su quest’unica macchia e che si pensi a un delitto maturato dopo l’ennesima lite per questioni economiche. Dagli interrogatori sono emerse anche le lamentele dei vicini e dell’amministrazione per gli schiamazzi che arrivavano dalle feste organizzate nei fine settimana, dove giravano anche ragazzi che fumavano spinelli.
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