I TAMPONI E IL RITORNO ALLA NORMALITA'

Tutti vorrebbero avere un tampone, per avere una diagnosi, per essere sicuri di non essere portatori sani del virus, per essere certi di poter tornare a lavorare, ma il tampone è un bene razionato a livello mondiale e non è possibile farlo a tutti. Chi si è ammalato all'inizio dell'emergenza ha potuto contare su un numero ancora più limitato di tamponi e ha dovuto fare i conti con numeri telefonici intasati, medici di base impegnati su mille fronti, terapie farmacologiche non ancora chiare. Con il rafforzamento degli ospedali e grazie ai medici di base e alle Usca, i farmaci sperimentali, non appena individuati, sono stati somministrati nelle case a tutti coloro che denunciavano sintomi Covid, perché il tampone non è l'unico strumento di diagnosi. Per tornare alla normalità in vista del 4 maggio, possono contare sul tampone che attesta la negatività tutti coloro che hanno avuto il tampone ma non solo, su segnalazione dei medici di base e delle Ats anche gli operatori sanitari e socio sanitari e dei servizi pubblici essenziali che si sono ammalati a casa senza essere stati mappati. Per gli altri, ovvero chi ha avuto sintomi simil influenzali e si è messo in quarantena come da raccomandazioni, e con lui i suoi contatti, o chi ha assistito parenti o amici malati, quindi per tutti coloro che ossi si chiedono se hanno fatto il virus e se sono portatori del virus, sono previsti i test sierologici e il rientro al lavoro dopo la quarantena viene stabilito sempre con la collaborazione dei medici di base e le Ats, anche se il numero di giorni che serve per diventare negativi, dipende da persona a persona. Le decisioni amministrative e politiche in questo campo infatti seguono le evidenze mediche e scientifiche. Tamponi e test sierologici a parte, vista l'impossibilità di trovare gli asintomatici e la possibilità di riammalarsi per avendo già sconfitto il virus, l'unica vera arma contro il contagio al momento rimangono le mascherine e il distanziamento sociale.

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