MARZULLI PARTE CIVILE SULL'OSPEDALE DI ALZANO
Giuseppe Marzulli è la persona che, il 23 febbraio 2020, decise di chiudere il pronto soccorso del ‘Pesenti Fenaroli’ e l’ospedale di Alzano Lombardo ai visitatori per la presenza di due pazienti Covid, poi deceduti. A poche ore di distanza però, come ormai noto, venne riaperto e da lì, questa l’ipotesi della Procura che indaga diversi dirigenti per il capitolo d’indagine, si diramò un focolaio devastante in Val Seriana che ha portato Bergamo a diventare una delle province più aggredite dal virus nel mondo. “Sono emersi tutta una serie di errori e omissioni a livello istituzionale che erano evidenti per chi si è trovato a gestire la prima fase pandemica”, ha raccontato Marzulli . “A Bergamo esplose una ‘bomba atomica’ ma non ci sarebbero stati tanti morti se Regione e Ministero si fossero comportati diversamente”. Secondo Marzulli “non esistevano le condizioni per riaprire l’ospedale e io mi rifiutai di farlo. L’ordine di farlo arrivò in modo solo verbale, non ci sono pezzi di carta; per questo gli investigatori faticano a capire chi lo diede materialmente. Qualcuno tra i partecipanti alla riunione che precedette la decisione ha provato a dire che eravamo tutti d’accordo ma non era così e infatti io non ho ricevuto alcun avviso di garanzia”. Prima ancora della riapertura, giunsero quelle che definisce “le indicazioni sbagliate del Ministero della Salute. Con la circolare del 22 febbraio 2020 e quelle successive si stabiliva che, in assenza di sintomi, il test per la ricerca del virus non andava eseguito. Questa affermazione era in palese contraddizione con quello che noi stavamo osservando. Era evidente fin da subito che l’infezione era sostenuta anche dai pazienti asintomatici. Gli ordini da Roma venivano impartiti da persone che avranno anche avuto una buona conoscenza teorica ma che non vedevano quello che stava succedendo nella pratica”. Purtroppo per Marzulli a sette giorni dal suo no alla riapertura, venne colpito pesantemente dal Covid. Dopo essersi negativizzato, riprese il lavoro nonostante la polmonite, nascondendo la rabbia per le condizioni nelle quali, con i suoi colleghi che ha definito eroi, hanno dovuto combattere. “L’impostazione in linea generale di ciò che si doveva fare c’era già tutta nel documento del 2006 , sostiene l'ex direttore medico, ma non è stata seguita. In quei giorni succedevano cose clamorose.
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