DELITTO COLLEONI, LE CONFIDENZE DEL FIGLIO
Francesco Colleoni, il 35enne che a dicembre è stato condannato a 21 anni per l’omicidio volontario del padre Franco, 68 anni, titolare del ristorante “Il Carroccio” di Dalmine ed ex segretario provinciale della Lega Nord ucciso al culmine di una lite scoppiata il 2 gennaio 2021 all’interno del cortile del locale di famiglia dove l’imputato lavorava come cuoco, svela alla madre la sua colpevolezza, E’ avvenuto la sera stessa della tragedia, mentre si trovava nella saletta del comando carabinieri di Bergamo. Francesco rivolgendosi alla madre ha affermato: “L’ho spinto io”, “Non ce la facevo più, mamma”, “Insulti... sempre a lavorare per produrre di più e più producevo più ero una m...”. Un sfogo genuino e confidenziale secondo i giudici, senza ammetterlo se n’è assunto la responsabilità. Una sorta di confessione alla madre, osserva la Corte, perché dal tenore delle frasi proferite è chiaro a tutti come l’imputato non intendesse riferirsi al banale gesto dello spintone, bensì all’azione estrema che ne era seguita: l’assassinio del padre. Si trattò di un assassinio cruento, visto che al 68enne era stato sbattuto ripetutamente il capo sul cordolo del vialetto del ristorante. I giudici hanno spiegato che non può essere riconosciuta l’attenuante della provocazione, che la difesa individuava nelle ripetute vessazioni di Franco al figlio, perché la reazione è stata spropositata rispetto al motivo scatenante, e cioè il rimprovero per due lampioncini divelti. Il 35enne a processo ha raccontato di avere ricordi sino allo spintone rifilato al padre, poi il buio totale sino a quando la madre non bussò a casa sua per chiedere aiuto. Tra le attenuanti generiche concesse a Francesco Colleoni c’è il fatto che non vi è animo malvagio, l’incensuratezza e una vita irreprensibile sul piano relazionale e lavorativo.
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