BOSSETTI, LA CASSAZIONE RIMANDA GLI ATTI A BERGAMO

Si apre l’ennesima tappa, sull’esame dei reperti dell’omicidio di Yara Gambirasio e sul loro stato di conservazione. A comunicarlo è Claudio Salvagni, avvocato di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio. “Chiederemo che l’udienza sia pubblica”, commenta Salvagni, in un longo post su Facebook: “Continua il viaggio della speranza, dalla V Sezione alla I e da questa ancora a Bergamo", scrive Salvagni. “Dopo tre ricorsi a seguito dei quali la Cassazione ha disposto l’annullamento dei provvedimenti emessi dall’Assise di Bergamo con conseguente nuovo giudizio della medesima Assise, nella camera di consiglio del 7.4.2022, in relazione agli ultimi due ricorsi, ritenuti entrambi ammissibili, i giudici di legittimità hanno ritenuto di sottoporre le ragioni di impugnazione ad un nuovo vaglio, anche di merito, sempre dell’Assise di Bergamo. Le stesse argomentazioni giuridiche, già proposte alla Suprema Corte, saranno, in conseguenza, portate avanti la Corte d’Assise di Bergamo. In tale occasione, la difesa rappresenterà altresì l’esistenza di una ipotesi di frode processuale su cui sono in corso indagini presso la Procura di Venezia che riguardano lo stato di conservazione dei reperti biologici, formulando specifica richiesta istruttoria che possa far luce, finalmente, proprio su come e dove tali beni siano stati conservati, scongiurando, come ci si augura, il sospetto di una loro intervenuta dolosa distruzione. Rimane, purtroppo, continua il post di Salvagni, una unica amara considerazione: il defaticante iter processuale che si è messo in moto a seguito della prima dichiarazione di inammissibilità della Corte di Bergamo (nei confronti della istanza della difesa di conoscere le “modalità operative” circa l’effettuazione di quanto già assentito oramai da 2 anni e mezzo) non tiene in nessuna considerazione come il trascorrere del tempo per chi è in carcere e lotta per dimostrare la propria innocenza sia estremamente penalizzante. I giorni sono mesi ed i mesi sono anni, senza che sia stata ancora resa possibile la più semplice e scontata delle garanzie difensive, ossia la verifica in contraddittorio dell’unica prova a sostegno di una condanna al carcere a vita”.

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