ANNULLATO IL NO ALL’ANALISI DEI REPERTI

Si riapre l’ennesimo capitolo legato alla tanto discussa vicenda sui 54 campioni di Dna costati la condanna in via definitiva all'ergastolo di Massimo Bossetti, in carcere per l'omicidio di Yara Gambirasio. La prima sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio l'ordinanza del 21 novembre scorso della Corte di assise di Bergamo, che, in sede di esecuzione, aveva negato alla difesa del carpentiere di Mapello, il diritto di accedere ai reperti confiscati ai fini dello svolgimento di indagini difensive in vista dell'eventuale revisione del processo. La Corte di assise dovrà consentire alla difesa di Bossetti la ricognizione dei reperti, nei limiti già autorizzati in precedenti provvedimenti, stabilendo contestualmente le opportune cautele idonee a garantirne l'integrità. La Corte dovrà valutare la concreta possibilità di nuovi accertamenti tecnici e la loro non manifesta inutilità. "In attesa di leggere il provvedimento della Cassazione, e in base a quanto apprendiamo, siamo molto contenti: ora iniziamo il percorso per dimostrare che quel Dna non è di Massimo Bossetti". Sono parole di Claudio Salvagni, difensore di Bossetti. In sostanza, per la prima volta dall'inizio del caso Yara, la difesa del condannato potrebbe visionare gli abiti della vittima - dove è stata trovata la traccia mista di Dna che è costato l'ergastolo a Bossetti -, e potrebbe avere accesso ai 54 campioni di Dna sulla cui conservazione si è molto discusso. All'esito della ricognizione, se la difesa avanzerà nuova specifica richiesta, i giudici di assise dovranno valutare la concreta possibilità di nuovi accertamenti tecnici e la loro non manifesta inutilità. La parola ora torna di nuovo alla Corte d'Assise di Bergamo, che ha respinto la richiesta più volte.

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