CASO YARA: BATTAGLIA IN AULA SUI REPERTI

Ennesima udienza e un nuovo capitolo, di una storia che sembra non finire mai, riguardante i reperti del caso di Yara Gambirasio, di cui gli avvocati della difesa di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva all'ergastolo per l'omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra, chiedono da tempo di prendere visione e di conoscere lo stato di conservazione. Nell’aprile scorso la Cassazione aveva rimandato ancora una volta la questione a Bergamo. I giudici della Suprema Corte erano stati chiamati a pronunciarsi su due ricorsi con cui, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, legali di Bossetti, impugnavano altrettanti dinieghi venuti da Bergamo, che i giudici romani avevano considerato ammissibili, rimandato gli atti a Bergamo per un nuovo vaglio. La scorsa settimana era stato discusso il ricorso perché la difesa potesse prendere visione di una serie di reperti, con attenzione particolare alle 54 provette contenenti il Dna, gli indumenti intimi della piccola Yara con impressa la traccia biologica dell'assassino, i leggings, la biancheria, le scarpe, tutto quello che la povera vittima indossava la sera del 26 novembre 2010. Ieri si è discusso per tre ore il ricorso con cui i difensori del muratore di Mapello, chiedono di conoscere dove si trovino e lo stato di conservazione di tali reperti, in particolare le provette, custodite a lungo all'ospedale San Raffaele di Milano, poi sequestrate dalla Procura di Bergamo e trasportate nell'Ufficio corpi di reato del Palazzo di giustizia. Opposizione della Procura con il procuratore Antonio Chiappani e il pm Letizia Ruggeri. Dopo una camera di consiglio, i giudici hanno accolto la richiesta della difesa di produrre i verbali del procedimento di Venezia, riservandosi la decisione di merito.

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