CASO YARA, NO ALLE OPPOSIZIONI DELLA DIFESA

Altri due no per Massimo Bossetti, il carpentiere di Mapello condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, uccisa il 26 novembre 2010. Il tema è l’analisi dei reperti della tredicenne e i campioni di Dna che identificarono Ignoto 1. A fronte di tre sentenze che hanno ritenuto certi gli esiti delle analisi, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini chiedono di ricercare nei reperti e nei campioni lo spunto per tentare di far riaprire il caso. Ora, due Corti d’Assise a Bergamo (presidenti Donatella Nava e Patrizia Ingrascì) hanno confermato il no, peraltro già espresso. La conta sale ora a sette no, con tre volte in cui la Cassazione ha, invece, dato ragione agli avvocati. Pare certo che i difensori di Bossetti non si arrendano, compiendo quindi il passo successivo, cioè quello di rivolgersi di nuovo alla Corte di Cassazione. Due volte, contro gli ultimi due no. Anche i passaggi a Roma diventerebbero così sette. Cresce anche l’attesa su un’altra decisione, relativa alla mancata conservazione del materiale in modo adeguato, per la quale Bossetti presentò denuncia per frode processuale. Finirono indagati il presidente Petillo e la funzionaria dell’ufficio corpi di reato. Il procuratore di Venezia chiese l’archiviazione a cui si opposero gli avvocati del carpentiere. Il 30 novembre hanno parlato i difensori del giudice e della funzionaria. Si è in attesa della risposta del gip di Venezia.

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