MOSSALI NEGA L'OMICIDIO DI RAMA

Davide Cristiano Mossali è in carcere a Brescia Canton Mombello con la pesante accusa di aver ucciso nella giornata di lunedì 29 agosto il 40enne kosovaro Nexhar Ramam da tutti chiamato Nino, di averne quindi bruciato il cadavere che aveva occultato nel bagagliaio della Range Rover di proprietà del fratello di Rama, le cui fiamme, nelle campagne tra Palazzolo e Cologne, avevano fatto accorrere i Vigili del fuoco che avevano fatto la macabra scoperta. Nella giornata di venerdì 2 settembre, davanti al sostituto procuratore Claudia Passalacqua, difeso dall'avvocato Stefano Forzani, Mossali avrebbe negato molte circostanze ricostruite dagli inquirenti. Ve ne sono alcune, però, che sono inoppugnabili, come il fatto che proprio nella giornata di lunedì 29 agosto Mossali avrebbe dato una giornata di ferie retribuite ai suoi dipendenti, che hanno dichiarato la loro sorpresa per questa decisione piuttosto infrequente, mentre lui si era recato in officina dove avrebbe aspettato Rama nell'officina a San Pancrazio di Palazzolo, dove lo avrebbe affrontato e ucciso a colpi di pistola. Le telecamere di sorveglianza avrebbero evidenziato la Range River che si allontanava a velocità sostenuta, guidata da Mossali, diretta verso la campagna dove è stata trovata in fiamme tra vigneti e campi di granoturco in località Rodenga. Mossali ha ammesso mi rapporti con Rama, che conosceva da tempo e con il quale da tempo era in rapporti anche confidenziali, ma nega fermamente di essere collegato in qualsiasi maniera alla sua esecuzione. Lo ha detto nella notte tra giovedì 1 e venerdì 2 settembre nella caserma dei carabinieri, in un interrogatorio durato una ventina di ore nel corso del quale - secondo l’ambiente investigativo - sarebbe caduto più volte in contraddizione. La sua versione dei fatti, in particolare, non collimerebbe con quanto verbalizzato in tre giorni di indagine serrata, dalle diverse persone sentite sui fatti dai militari del Nucleo investigativo e della Compagnia di Chiari, ma anche con la sequenza temporale ricostruita grazie alle telecamere di video sorveglianza installate nei pressi della sua officina e dei luoghi da lui frequentati. Sarebbero state proprio le incongruenze nel suo racconto ad indurre il sostituto procuratore Claudia Passalacqua a disporre il fermo di Mossali. Scavando nel passato di Mossali e nel su rapporto con Nexhat Rama gli inquirenti hanno scoperto che il kosovaro, in più di una tranche, gli aveva fornito somme tra i 40 e i 50mila euro, che lui aveva investito nell’azienda e che pare non potesse restituire, forse anche per gli alti tassi che gli sarebbero stati imposi. Circostanza, questa, da verificare. Per ora Mossali rimane in cella con l’accusa di omicidio premeditato, distruzione di cadavere e porto abusivo d’arma.

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