L’ARRESTO DI GIACOMO BOZZOLI

I carabinieri sapevano già dall’alba di questo giovedì che Giacomo Bozzoli era tornato a casa. Era stato localizzato mentre rientrava in Italia con un’auto a noleggio, grazie ad intercettazioni telefoniche e telematiche e le cimici che i carabinieri avevano installato nella villa di Soiano del Lago, hanno rilevato la sua presenza. Ma il 39enne in fuga da 11 giorni per sottrarsi alla condanna di ergastolo, non era ancora pronto a costituirsi. Quando i militari infatti alle 17.45 di questo giovedì si sono presentati a casa sua, lo hanno trovato nascosto in un cassettone del letto matrimoniale. Con sé aveva circa 50 mila euro in contanti. Provato, non ha opposto resistenza all’arresto, ribadendo la sua innocenza e dichiarando che farà di tutto per opporsi alla sentenza. Dopo l’interrogatorio al comando provinciale dei carabinieri di piazza Tebaldo Brusato a Brescia, è stato portato a Canton Mombello dova ha trascorso la sua prima notte in carcere sorvegliato a vista per timore che potesse compiere atti autolesionistici. E’ il procuratore Francesco Prete a ricostruire la latitanza di Bozzoli. Come già dichiarato dalla compagna Antonella Colossi e anche dal figlio di nove anni della coppia, sentito questo giovedì in Procura, il 39enne sarebbe partito dal Lago di Garda il 24 luglio con la compagna e il figlio a bordo della Maserati, per una vacanza di famiglia con tappe in Francia e in Spagna, fino al 30 giugno, giorno prima della sentenza quando Bozzoli è stato ripreso in un hotel a Marbella. Poi la compagna e il figlio sono rientrati in Italia il 4 luglio con passaggi auto e in treno, fino a Milano, mentre lui ha fatto perdere le sue tracce, fino a questo giovedì. Non è da escludere che sia tornato in Italia per non perdere contatti con il figlio. La Procura di Brescia, il giorno della sentenza della Cassazione del primo luglio, che ha confermato la sentenza in primo e secondo grado, aveva emesso l’ordine di carcerazione, aveva affidato le ricerche del condannato, che fino ad allora era un uomo libero, ai carabinieri che non l’hanno trovato a casa, aveva quindi emesso un decreto di latitanza e poi un mandato di arresto europeo con l’estensione delle ricerche in campo internazionale ma continuando a monitorare attraverso intercettazioni e indagini telematiche, il territorio italiano, e così alla fine Giacomo Bozzoli è stato rintracciato. Le indagini sono ancora aperte per capire se qualcuno possa aver aiutato il 39enne nella fuga e durante la latitanza. Ora deve scontare l'ergastolo per l'omicidio dello zio Mario e la distruzione del suo cadavere nel forno della fonderia a Marcheno, in provincia di Brescia, l'8 ottobre 2015. L’imprenditore 52enne scomparve dalla fonderia, alle 19.12 l’ultima chiamata alla moglie per avvisarla che avrebbe fatto tardi, poi il silenzio. Quella sera nella fonderia c’erano i due nipoti, figli del fratello di Mario Bozzoli, Adelio: Alex e Giacomo. C’erano anche altri operai, tra cui Giuseppe Ghirardini, addetto al forno, che verrà trovato senza vita dieci giorno dopo nei boschi di Case di Viso in Valle Camonica, ucciso da una capsula di veleno rinvenuta nello stomaco. Un suicidio anomalo, per cui fu aperta un’inchiesta per istigazione al suicidio, poi archiviata. Per la procura Mario sarebbe stato ucciso e gettato nel forno dal nipote Giacomo, con cui c’erano dissapori per questioni economiche, che lo avrebbe aggredito e poi avrebbe chiesto a Ghirardini di bruciarne il forno, dietro compenso. Una ricostruzione dei fatti cui Giacomo Bozzoli continuerà ad opporsi, come ha dichiarato in Procura, con ogni mezzo possibile.

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