BOZZOLI SCRIVE ALLA PROCURA

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Il Procuratore della Repubblica di Brescia Francesco Prete non svela i dettagli, ma fa capire che alle cinque del mattino di giovedì qualcuno vicino a Giacomo Bozzoli, avrebbe messo gli investigatori sulla pista giusta facendo qualcosa che è stato rilevato dalle indagini telematiche. La traccia arrivava dalla provincia di Brescia e i carabinieri perquisiscono tutte le case della famiglia Bozzoli, dei genitori, dei suoceri, l’azienda, tornano anche nella villa di Soiano del Lago, l’ultimo posto dove si pensa di trovarlo. Ed è così che sentono il rumore del motore esterno dell’aria condizionata e capiscono che il 39enne in fuga dalla sentenza di ergastolo per l’omicidio di Mario Bozzoli, è tornato. Fanno così irruzione, perquisiscono ogni stanza fino alla camera degli ospiti dove lo trovano nascosto nel cassettone del letto matrimoniale insieme ad un borsello con 50 mila euro in contanti. Due leggerezze quindi, commesse nel giro di poche ore anche a causa della forte pressione esercitata dagli inquirenti che gli hanno fatto terra bruciata attorno, hanno tradito Giacomo Bozzoli. “Sono innocente” – è la prima cosa che ha ripetuto al Procuratore una volta interrogato, affermando di avere scritto ed inviato, quando era in Francia, una lettera indirizzata alla Procura e alla Corte d’Assise, con le prove della sua innocenza.” In particolare a scagionarlo dall’accusa di aver ucciso al termine di una lite, la sera del 18 ottobre 2015 lo zio Mario e di averne distrutto il corpo gettandolo in uno dei forni della fonderia, sarebbe un misterioso testimone austriaco. Le indagini per l’omicidio dell’imprenditore di Marcheno, avevano già portato in Austria: venivano dalla Banca Centrale austriaca infatti le banconote dei 4.400 euro trovate a casa di Giuseppe Ghirardini, l’operaio addetto ai forni che era presente in azienda la sera della scomparsa di Mario Bozzoli e che verrà trovato morto dieci giorni dopo in alta Valle Camonica con una capsula di veleno nello stomaco, inchiesta archiviata come suicidio. Per i giudici quei soldi erano il pagamento, o un acconto, per aver aiutato Giacomo Bozzoli a incenerire il corpo della vittima. Le ultime rivelazioni del 39enne, che ora si trova nel carcere di Bollate, sono tutte da chiarire e soprattutto, sono fuori tempo massimo, visto che il processo ormai è chiuso: Giacomo Bozzoli è stato condannato in primo, secondo e terzo grado di giudizio.

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