In piazza contro la manovra
Secondo i dati riportati dal segretario della Cgil Maurizio Landini, più di 500 mila italiani sarebbero scesi in almeno 40 piazze questo venerdì e lo sciopero nazionale indetto da Cgil e Uil avrebbe raccolto un’adesione oltre il 70% in molte aziende, l’85% alla Ferrarelle in Valle Camonica solo per citarne una. Ad incrociare le braccia per chiedere al Governo di cambiare la Manovra di bilancio, lavoratori di tutti i settori del pubblico e del privato, testimoni, con la loro presenza anche nella piazza del Municipio di Breno, di una realtà economica e sociale preoccupante. Inevitabili i disagi causati dallo sciopero nei diversi settori pubblici come scuola, trasporti e sanità ma anche in quelli privati: lo sciopero rimane uno strumento potente nelle mani del sindacato che ne rivenda il diritto “a tutela dei cittadini quando il Governo non li tutela.” Il sindacato denuncia anche i 6 mln di lavoratori vittime del precariato, del caporalato e del lavoro sommerso, i 100 mila giovani costretti a lasciare l’Italia per trovare lavoro, gli uomini e le donne costretti a lavorare fino a 70 anni, le oltre 7 mln di persone costrette a rinunciare ad esami specialistici e diagnostici per problemi economici, il 50% delle donne che non lavora perché non riescono a conciliare famiglie e lavoro, una persona su dieci in condizione di povertà, un’inflazione che ha tagliato il potere d’acquisto delle pensioni, i mancati finanziamenti al servizio sanitario nazionale, all’istruzione, agli enti locali, che si tradurranno in meno servizi pubblici. La mobilitazione di questo venerdì vuole chiedere ai cittadini di non voltarsi dall’altra parte davanti alle ingiustizie e sollecita una rivolta sociale contro quelli che i manifestanti definiscono “tagli al futuro”. Cgil e Uil chiedono al sistema delle imprese e al Governo di prendere le risorse dagli extraprofitti, dalle grandi ricchezze, dall’evasione, maggiori finanziamenti ai servizi pubblici, il rinnovo dei contratti di lavoro pubblici e privati per aumentare il potere d’acquisto degli stupendi fermi da anni, la rivalutazione e la riforma delle pensioni, più sicurezza sul lavoro e meno precarietà, il ritiro della legge sicurezza e una politica industriale per i settori manifatturieri e per i servizi che preveda più investimenti, il blocco dei licenziamenti e un nuovo modello di sviluppo sostenibile.
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