Bruciata la vecchia
In molti paesi questo giovedì sera 27 marzo si è rinnovato il rito di metà Quaresima ed è stata data alle fiamme, nelle piazze e presso gli oratori, la vecchia. Un falò simbolico, applaudito da adulti e bambini, che la sera del giovedì grasso salutano l’inverno e accolgono le festività pasquali. Un rito tra tradizione , religione e folklore. Ed è così che anche a Darfo Boario Terme presso l’ex Conventone, come in moltissimi paesi delle nostre valli, un pupazzo enorme della vecchia è stato messo al rogo al termine di un processo e la vecchia vita, così come la vecchia stagione, hano lasciato posto alla nuova vita e alla nuova stagione. Qui siamo a Cerveno dove una folla di bambini ha assistito al processo messo in scena dagli abitanti in costume e al rogo del fantoccio che ha illuminato il buio della sera. Una tradizione, quella di bruciare un fantoccio con sembianze umane, nello specifico di una anziana signora, che ha origini molto antiche: pare che fin dalla preistoria venisse praticato il rogo della vecchia, verso la fine dell’inverno, per allontanare la cattiva stagione e invocare l’arrivo della primavera, della fertilità e della fecondità. Anche i Celti secondo la storia, accendevano dei fuochi per ingraziarsi la divinità relativa e bruciavano un fantoccio rappresentante il passato: mentre il falò ardeva, i contadini in cerchio gridavano e cantavano varie formule augurali. Da allora, la storia del rogo della vecchia, si perde nel tempo e si perde tra leggende, fantasia e realtà. Un rito senza tempo che nelle nostre valli, così come in tutto il nord Italia, viene rinnovato con gioia dalle parrocchie e dalle comunità e rappresenta uno di quegli eventi che aiuta a connettere passato e presente, che rafforza il senso di identità e appartenenza ad una comunità fortemente legata alle proprie radici, saldamente attaccata alle proprie tradizioni e alle credenze popolari, con le antiche suggestioni, ancora oggi capaci di suggestionare e strappare qualche risata, che portano con sé.
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