Un bergamasco su 4 ha avuto il virus

Un bergamasco su quattro ha avuto il coronavirus. È il risultato, atteso, dell’indagine di sieroprevalenza condotta da Istat e ministero della Salute dal 25 maggio al 15 luglio in 46 Comuni bergamaschi. Gli esiti diffusi ieri dall’istituto nazionale di statistica dicono che Bergamo è la provincia con la prevalenza più alta in tutto il Paese: il 24% delle persone testate ha sviluppato anticorpi. Nessuno altro, in Italia e anche nella stessa Lombardia, supera il 20%. L’altra area più colpita dopo la Bergamasca è Cremona con il 19%, mentre altre province lombarde sono distanti, sotto il 10%. Brescia ha una prevalenza dell’8%, Milano del 4%, Lecco e Como sono intorno al 3,5%. Per contribuire a dare una risposta al perché la diffusione del contagio da Coronavirus abbia assunto determinate proporzioni in Lombardia, un gruppo di ricercatori dell'Università degli studi di Bergamo, guidato dalla direttrice del Centro studi sul territorio Emanuela Casti, ha intrapreso una ricerca che, utilizzando il mapping riflessivo, indaga la diffusione del contagio mettendo in rapporto gli aspetti sociali e ambientali del territorio (popolazione, mobilità, lavoro, inquinamento), a scala nazionale, della Lombardia e della provincia di Bergamo. Il gruppo di lavoro ha presentato il terzo rapporto della ricerca dal titolo "Le tre Italie: fragilità dell'abitare mobile e urbanizzato" che mette in evidenza le fasi epidemiche (insorgenza, diffusione epidemica e decrescita), le dinamiche spazio-temporali del contagio e individua gli aspetti critici che hanno inciso sull'intensità e gravità del contagio. “Dal rapporto emerge una suddivisione dei territori contagiati, le Tre Italie – spiega la prof.ssa Emanuela Casti, direttrice del CST dell'Università degli studi di Bergamo -. La prima è costituita dalle province lombarde di Bergamo, Milano, Brescia, in base ai numeri assoluti, e Lodi, Cremona, Piacenza in base all'indice di contagio calcolato su 100.000 abitanti. Entrambe appartengono alla dorsale sud-nord nella parte orientale della Regione, dove sono stati riconosciuti i primi focolai e dove l'intensità degli scambi e della mobilità degli abitanti hanno favorito la diffusione del virus. La seconda Italia è rappresentata da province di Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto, Liguria e alcune grandi città come Firenze e Roma. Infine, la terza Italia ricomprende il resto del territorio nazionale”. La forte differenza regionale dell'intensità e della distribuzione del contagio ha consolidato l'ipotesi iniziale della ricerca secondo cui fattori di ordine socio-territoriali possono aver inciso nella diffusione del virus come le differenti condizioni morfologico-climatiche, la loro influenza sull'inquinamento di alcuni aspetti dell'abitare mobile e urbanizzato che intervengono nella diffusione del contagio.

Commenti

Nessun commento è stato ancora pubblicato.
Condividi la tua opinione qui sotto!

Lascia un commento

* Tutti i campi contrassegnati sono obbligatori