LA STORIA DI FELICE VAIRA
LA STORIA DI FELICE VAIRA E' la storia di una partenza senza ritorno quella di Felice Vaira di Ono San Pietro sul fronte greco nella seconda guerra mondiale. Quella di Felice, inghiottito dalle acque del Mediterraneo – è una storia diversa da quelle legate al periodo che conosciamo. Felice fu uno dei due camuni – l'altro fu Marco Albertelli – naufragato a bordo della Sinfra la nave che dopo l'8 settembre imbarcò a Creta, per portarli in qualche campo di lavoro in Germania i militari italiani fatti prigionieri dopo l'8 settembre 1943. Di Felice Vaira resta una foto sul monumento ai caduti del suo paese, un telegramma che ne annuncia il naufragio, il verbale di irreperibilità. Da oggi i familiari avranno anche il conforto, seppur tardivo, della Medaglia d'Onore – il riconoscimento del presidente della Repubblica per i sacrifici degli IMI (internati militari italiani) che riconosce anche il sacrificio di Felice e della sua famiglia. Ad aspettarlo a casa c'erano infatti la moglie Antonio ed i figli Bortolina di 4 anni e Francesco di 2. E' stato grazie all'ANEI se tutto questo è stato possibile. L'associazione guidata da Fabio Branchi – di cui la nipote di Felice, Gloria Vaira è vicepresidente – è stata rifondata qualche anno fa dal compianto Carlo Elio Simoncini. Grazie alle ricerche di tanti volontari e di Silvano Depari l'ANEI ha individuato oltre 2 mila e 500 internati camuni e ne sta ricostruendo le storia. A molti di loro sono già state assegnate le medaglie d'onore. Felice Vaira è il 13esimo cittadino di Ono San Pietro a riceverla. Felice era nato nel paese della media Valle Camonica il 20 febbraio 1915, secondo dei tre figli di Gerolamo e Bartolomea Tosa. A 8 anni Felice perde la madre uccisa dalla spagnola. Cresce e lavoro al suo paese. Nel 1940 viene richiamato alle armi. L'8 settembre 1943 è a Creta, viene fatto prigioniero e imbarcato sulla nave Sinfra diretta verso qualche campo di concentramento. Bombardata dagli inglesi il 18 ottobre al largo di Creta la nave affonda con il suo carico di 3 mila prigionieri. Le vittime furono 2 mila 465. Fra loro c'era Felice che moglie e figli aspettano a casa. Un telegramma di Stato, il 16 luglio 1946, comunica alla famiglia di Felice il naufragio. Nonostante tutto Antonia pare non rassegnarsi alla tragica evidenza: Felice non tornerà, non riavrà neppure le sue spoglie e così spesso per condividere le pene si reca in un paese vicino – probabilmente Grevo – a far visita con Bortolina da un'altra moglie e ad un'altra figlia, la famiglia di Marco Albertelli anche lui inghiottito dal mare con la Sinfra. Se oggi i figli di Felice non potranno riavere il loro padre potranno essere orgogliosi del riconoscimento a lui, ed indirettamente a loro e alla loro mamma, per le sofferenze patite.
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