CASO YARA: INDAGATI PER MANOMISSIONE DEL DNA
Da una denuncia di Massimo Bossetti con l’avvocato Claudio Salvagni è scaturita l’indagine della procura di Venezia sui reperti dell’omicidio di Yara Gambirasio, uccisa il 26 novembre del 2010. Bossetti dopo la condanna definitiva all’ergastolo, vorrebbe la revisione del processo, sollevando dubbi sul Dna, la prova principe. Il test è sempre stato contestato dalla difesa, che si è vista rigettare la richiesta di riesaminare i reperti confiscati. Da quanto emerge ora, il procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito avrebbe iscritto nel registro degli indagati il presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo, e la funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato, Laura Epis. Per entrambi, che hanno ricevuto l’avviso di proroga dell’indagine, l’ipotesi è frode in processo e depistaggio. Nella denuncia si parla di campioni “prima scomparsi e poi ricomparsi” e del sospetto che il materiale sia stato “conservato in modo tale da farlo deteriorare” vanificando la possibilità di nuove indagini. “Abbiamo chiesto mille volte di poter riesaminare i reperti confiscati dopo la sentenza definitiva, afferma Salvagni, ma ci è stato sempre negato. Quando invece, nel 2019, il tribunale di Bergamo accolse la nostra richiesta ci sentimmo poi dire che i campioni sarebbero stati distrutti, cosa che apre molti interrogativi”. Nella querela si punta il dito contro il presidente che si occupò del caso, respingendo come inammissibili le istanze della difesa, e la funzionaria. Nessuna conferma dal procuratore aggiunto Adelchi D’Ippolito, che però pare che abbia ascoltato diversi testimoni, compresa la pm Letizia Ruggeri titolare dell’inchiesta, e alcuni poliziotti e carabinieri del Ris. Da quanto appreso però, finora non sarebbe emersa alcuna prova di comportamento doloso. Il procuratore Antonio Chiappani nel maggio scorso, venuto a conoscenza dei contenuti della denuncia di Bossetti, aveva chiesto la trasmissione degli atti alla Procura di Venezia per calunnia. Era accaduto durante l’udienza davanti alla Corte d’assise presieduta da Donatella Nava cui rimandò la Cassazione dopo che la difesa aveva ricorso contro la decisione di Petillo. La Corte respinse l’istanza di analizzare i reperti e i legali di Bossetti presentarono ricorso in Cassazione, che si pronuncerà il 7 aprile prossimo. Nel frattempo un’altra Corte d’Assise, presieduta da Patrizia Ingrascì, ha bocciato la richiesta della difesa di conoscere luogo e stato di conservazione dei reperti. Anche qui ricorso in Cassazione.
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