FINITA A MANI NUDE

L'avrebbero finita a mani nude, dopo averla narcotizzata e averle stretto un sacchetto al collo, non per avere pieno potere sul notevole patrimonio immobiliare che gestivano insieme alla madre, ma perché la donna, Laura Ziliani, ex dipendente del comune di Temù che aveva lasciato la Valle Camonica dopo aver perso il marito sotto una valanga nel 2012, le faceva sentire inadeguate e non alla sua altezza. Dopo gli interrogatori in carcere, alla conclusione delle indagi, dei tre imputati per il delitto di Laura Ziliani, le figlie Silvia e Paola Zani di 27 e 20 anni e il fidanzato dalla prima Mirto Milani, trentenne cantante lirico, emergono nuovi elementi sul caso. I tre, nonostante gli inquirenti siano convinti del contrario, sostengono che non avrebbero ucciso la madre per impossessarsi del patrimonio di famiglia che a tutti fruttava una buona rendita mensile, ma che sarebbe stata la pressione psicologica che la donna esercitava su di loro ad "armargli" la mano. Secondo quanto sostengono le imputate la madre le avrebbe fatte sentire inadeguate, non realizzate, non autonome. Paola studiava ancora, Silvia lavorara invece come fisioterapista in una struttura di Temù, il paese dove viveva stabilmente insieme alla sorella più piccola e al fidanzato. Laura Ziliani le raggiungeva nel fine settimana. Sembra che i rapporti familiari fossero molto tesi. La stessa madre di Laura, Marisa Cinelli, avrebbe più volte detto agli inquirenti che le nipoti e il giovane fidanzato della maggiore avevano un attaccamento forte al denaro. Pare addirittura che Laura e Mirto avessero discusso per la gestione del patrimonio. Comunque ora il quadro – che agli inquirenti era parso da subito chiaro – si fa più nitido. I tre che durante le indagini e dopo l'arresto non avevano mai detto nulla, ora hanno ammesso le proprie responsabilità, entrando persino nei particolari di come avrebbero ucciso Laura. E' accaduto tutto nella notte fra il 7 e l'8 maggio 2021. L'hanno narcotizzata, hanno cercato di soffocarla con un sacchetto in testa, poi l'hanno finita a mani nude, quindi hanno occultato il cadavere dove è stato ritrovato tre mesi dopo la scomparsa, sulle rive del fiume Oglio lungo la pista ciclabile di Temù. Poi hanno montato la messa in scena della scomparsa. Hanno nascosto il telefono della madre, e la mattina dell'8 maggio attorno alle 11 hanno allertato le forze dell'ordine dichiarando che Laura non era rientrata da un'escursione. Mentre la macchina delle ricerche si metteva in moto, si mettevano in moto anche le indagini perché ai carabinieri della Compagnia di Breno e a quelli di Ponte di Legno e Vezza d'Oglio era balzato subito all'occhio che qualcosa non tornava. Le ricerche vengono sospese dopo una settimana poi riprese quando viene ritrovata una scarpa di Laura. I tre vengono iscritti nel registro degli indagati. Il colpo di scena arriva l'8 agosto quando la piena del fiume scopre il corpo di Laura e questo sotto le mani dei medici e della scientifica comincia a raccontare le cose che gli inquirenti sospettavano già. Il 24 settembre i tre finiscono in carcere. Parlano solo ora a conclusione delle indagini, confermando quanto già si sapeva e aggiungono particolari. Per loro l'accusa è omicidio volontario e occultamento di cadavere. La procura si prepara a chiedere per loro il rinvio a giudizio.

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