Processo Verzeni: Sangare “non l’ho uccisa io”

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Durante il processo, a Bergamo, per l’omicidio di Sharon Verzeni , Moussa Sangare, il 33enne che aveva confessato l’atroce delitto della notte tra il 29 e il 30 luglio, dello scorso anno, a Terno d’Isola, ritratta tutto. “In quel fatto non ci sono prove che mi fanno colpevole”. In tribunale è stato conferito l’incarico per la perizia psichiatrica a Giuseppina Paulillo, la quale dovrà stabilire se il giovane era capace di intendere e volere al momento dei fatti e se ha la capacità di stare in giudizio: ha tempo 90 giorni per depositare gli esiti della perizia che sarà discussa nella prossima udienza programmata per il 22 settembre. L’imputato ha riproposto la sua versione relativa al video della confessione davanti ai carabinieri: “La versione è che sono scappato, ma continuavano a spingermi, spingermi, spingermi”, riferito a ipotetiche pressioni dei militari. “Sono stato in caserma tre giorni, senza dormire e senza sapere cosa stesse succedendo. Stavo fumando una sigaretta, quando ho dichiarato questa menzogna”. “Ho gettato i vestiti, il coltello che usavo per i barbeque e mi sono tagliato i capelli dopo i fatti, perché avevo paura che, essendo passato di lì, il vero assassino mi riconoscesse”. Sconcerto da parte dei famigliari di Sharon che hanno affermato: “Ci vuole coraggio a dire quelle falsità”. Luigi Scudieri, avvocato della famiglia Verzeni, si è soffermato sulla piena capacità di difendersi, manifestata da Sangare. ”Ha ricordato bene tutto quello che ha fatto, a mio modo di vedere, è un soggetto lucido”.

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