ACQUA, LA VALLE CHIEDE L'AUTONOMIA

La Valle Camonica sta lavorando per portare a casa la gestione autonoma delle acque. Attraverso uno studio di fattibilità affidato all'Università Bocconi di Milano vuole dimostrare di poter rappresentare un ambito territoriale ottimale a sé, autonomo rispetto a quello provinciale che invece unisce montagna e pianura. Una battaglia lunga, che ha visto i sindaci resistere per più di vent'anni esponendosi a commissariamenti e sanzioni pur di non aderire all'ambito territoriale provinciale e che oggi potrebbe essere vinta se le leggi sul ciclo idrico verranno riviste in Parlamento e in Regione. Una battaglia che ha unito la maggior parte dei Comuni valligiani, con Malegno da sempre schierato in prima fila e portarla a termine è oggi uno degli obiettivi del presidente della Comunità Montana Sandro Farisoglio. L'opinione dei sindaci è che gli abitanti delle terre ricche di sorgenti e ghiacciai, debbano avere almeno il vantaggio che per loro gestire l'acqua è più facile e costa meno. Nodo centrale del problema è quindi la bolletta: la gestione del ciclo idrico a livello provinciale comporterebbe il pagamento per tutti i cittadini bresciani di una tariffa che va dai 2 euro e mezzo ai 3 euro al m³. Ma – secondo i sindaci camuni -per ripagare gli investimenti necessari a migliorare il ciclo idrico in Valle Camonica, basterebbe una tariffa che va da 1 euro fino ad 1 euro e mezzo al m³. L'ufficio d'ambito ha tentato di dialogare negli anni con i Comuni “ribelli”, sottolineando i gravi problemi della gestione comunale: gli impianti farebbero acqua da tutte le parti e in molti paesi mancherebbe il depuratore. Una gestione più industriale del ciclo idrico invece secondo l'ATO di Brescia permetterebbe di pianificare anche in Valle Camonica un piano di investimenti e di tariffe da sottoporre all'assemblea dei sindaci della Provincia per l'approvazione. Il rischio per i Comuni non è solo quello del commissariamento: è anche quello di incorrere nelle procedure di infrazione e nelle sanzioni dell'Unione Europea. Un timore che nel 2018 ha spinto i sindaci di Sellero, Cedegolo, Malonno, Edolo, Sonico e Paisco Loveno, ad abbandonare la protesta e ad aderire all'ambito, il quale ha stanziato le risorse per costruire il depuratore consortile che ancora manca in alta Valle Camonica. Anche Lozio ha scelto di affidare la gestione del proprio acquedotto, degli impianti di fognatura e depurazione, ad Acque Bresciane. Tutti gli altri sindaci restano fermi sulla loro posizione e vedono nella Società Idrica di Valle Camonica il possibile gestore unico di un futuro ATO camuno. “Con la SIV di Valle Camonica di cui è presidente Corrado Tomasi” - fa sapere Farisoglio - “stiamo lavorando affinché la gestione dell’acqua resti in Valle”. L'obiettivo è quello quindi di costituire un consorzio di diritto pubblico, dove non si conta in base alla dimensione delle reti, ma dove ogni Comune, piccolo e grande che sia, conta per uno e vale uno. Nel frattempo i Comuni per prendere tempo hanno intrapreso la strada del Collegato Ambientale che prevede, per i paesi con determinate caratteristiche, la possibilità di continuare a gestire in economia il ciclo idrico. Difficilmente le istruttorie però daranno esito positivo. L'ultima speranza degli amministratori camuni è quindi riposta da una parte nella Regione, che potrebbe rivedere le leggi prevedendo per una singola provincia più ambiti a seconda dell'eterogeneità del territorio, e dall'altra nel Parlamento e nella legge sull'acqua pubblica: la Valle Camonica punta a definire il suo ATO sul bacino idrico del fiume Oglio. “A breve” - afferma Farisoglio - “presenteremo a Regione Lombardia uno studio di fattibilità economica di Ambito Territoriale Ottimale di Valle Camonica che dimostrerà come la Valle sia in grado di gestire il Servizio Idrico Integrato in autonomia.”

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